Il campo della scrittura professionale è un terreno minato, perché ciò che si produce (un testo scritto) può essere considerato o meno come opera d'ingegno (con i conseguenti diritti di proprietà annessi). Ecco perché nei nostri contratti non c'è spazio per l'interpretazione.
La creazione di un contenuto originale, come un romanzo o un racconto, rappresenta indubbiamente un'opera d'ingegno, la cui proprietà è tutelata dalla vigente legislazione sul Diritto d'Autore.
I diritti morali di un'opera d'ingegno sono inalienabili: vengono sempre riconosciuti all'autore, qualora egli dimostri di esserlo.
Anche i diritti materiali sono controllati dalla legge, indipendentemente dagli accordi contrattuali che hanno legato i contraenti. L'autore può rivendicare legalmente i suoi diritti materiali, o esercitare il diritto di "rivelarsi e di far conoscere in giudizio la sua qualità di autore", "nonostante qualunque precedente patto contrario".
Dunque il punto, in un rapporto professionale fra committente e ghostwriter, è stabilire chiaramente chi dei due è l'autore, poiché sarà questo il vero proprietario dell'opera.
Noi affermiamo che l'autore è il committente, e lo ribadiamo nel contratto, dove le due parti vengono chiamate rispettivamente Committente o Autore e Consulente o Editor, e dove si chiarisce che tutto il lavoro è svolto sull'idea dell'autore, qualunque sia l'entità dell'intervento dell'editor.
La giustificazione filosofica di questa scelta è semplice: l'idea del libro, qualunque sia il suo grado di definizione, è sempre del committente; sono le idee che fanno la singolarità dell'opera d'ingegno. Mentre la giustificazione pratica è rappresentata dal fatto che nessuna cessione dei diritti tutelerebbe davvero il committente, e l'opera non sarebbe mai davvero la sua.
È il caso dei contratti di edizione, dove anche un traduttore può, pur cedendoli al committente, rivendicare i diritti intellettuali sull'opera prodotta. Praticamente il traduttore dell'esempio cede i diritti dell'opera all'autore-committente per un certo periodo di tempo; dopodiché la proprietà dell'opera dovrà essere rinegoziata. Una situazione piuttosto paradossale giustificata dal fatto che l'opera d'ingegno viene riconosciuta nel lavoro del traduttore.
Questo è il motivo per cui i nostri sono contratti di prestazione e non di edizione. Noi riconosciamo sempre al committente la paternità dell'opera e dunque facciamo figurare lui come autore e noi come editor, per chiarire sin dall'inizio del rapporto che i diritti di proprietà intellettuale appartengono a lui e non a noi.
Un buon contratto, nella pratica, non serve soltanto nel caso qualcosa vada storto (evenienza che, fra gentiluomini, non dovrebbe mai accadere, per via del rispetto dovuto all'interlocutore): nel contratto sono esposte le linee guida più pratiche del rapporto professionale, come una previsione di risultati e tempi per lo scrittore-editor e una programmazione delle rate per il committente-autore.
Nei nostri contratti includiamo la possibilità di recesso per entrambe le parti, al fine di garantirci un rapporto sereno e sempre mirato all'obiettivo. Al committente viene inoltre riconosciuta la possibilità di rimborso, pari al 75% dell'acconto versato, e al 50% di tutte le rate restanti, ad esclusione dell'ultima (perché il contratto deve tutelare anche noi).
Sempre nel contratto, è posto all'editor il vincolo di segretezza intorno ai contenuti trattati per il committente.